Le motivazioni della giuria
PRIME 3 CLASSIFICATE
1) L'inizio che muore, Nunzio Buono
L’origine è il nulla,
un silenzio minore, poi le parole.
Ci scriviamo di un corpo
nello spazio di un tempo.
Siamo il gelo e l’arsura, gli estremi
le origini assunte, stagioni di semina:
la messa di luoghi è pronuncia.
Ad ogni memoria
corrisponde una fune, una fine
se guardo con l’occhio sbagliato l’aurora
e l’inizio è solo un giorno che muoreL’inizio che muore, poesia vincitrice del concorso, si caratterizza, sin dal titolo, per il frequente richiamo ai nessi contrappostivi, sia per ossimoro che per antitesi. Così si delinea uno spazio poetico frequentato da immagini dense ed enigmatiche, in cui il corpo – da intendersi come copula, unione di anime – vive esperienze assolute e opposte: l’origine, il nulla, lo spazio, il tempo, il gelo, l’arsura, che si ricompongono, pur per un attimo, nella parte finale del testo, dove l’aurora, principio della luce, è essa stessa giorno che muore. Poesia ermetica, mai banale, che ha il pregio di trasmettere al lettore il senso di una realtà nascosta tra i nessi delle cose che sublima se stessa, scivola nel nulla.
Ivan Fedeli
2) La memoria dell'acqua, Giovanna MiceliAnche adesso si dissolve nel buio di una vena la corsa del sangue
[gli occhi chiusi in un respiro a fare volti d'aria]
ma fra le ossa lievi, mi dici, oscillerà un 'isola di sole,
un sogno breve inatteso
di luce nuova
[tutto il bianco lontano
oltre il confine del foglio,
e lì restare in ascolto, amare, il corpo gravido leggero, ogni parola
tutte le cose non detteVive di luce la poesia seconda classificata, intitolata “la memoria dell’acqua”, di Giovanna Miceli. Possiede la grazia della delicatezza la voce dell’autrice, che compone una lirica d’aria, in perfetto equilibrio tra chiaro e scuro, tra ciò che è visibile e ciò che non lo è.
Immersi in uno stato di sospensione, in una dimensione onirica, i versi sono lampi che abbagliano, permettendo così al lettore di intravedere, almeno per un attimo, la sottile linea che separa il giorno dalla notte, la vita dalla morte.
L'immagine iniziale - il sangue che “si dissolve nel buio/di una vena” apre a un contrasto suggestivo: “il bianco lontano/oltre il confine del foglio”. Contrasto che intreccia mistero e speranza, suggerendo l’insondabile profondità del nostro viaggio.
Dal punto di vista stilistico, infine, la struttura delle immagini crea una sensazione di fluidità, come se la poesia fosse un momento di passaggio, come se le parole fossero respiri, battiti, in attesa dello svelamento finale, di “tutte le cose non dette”.
Claudio Pagelli
3) Istruzioni, Riccardo Olivieri
In ogni tuo gesto comportati come una repubblica gentile.
E nel sorriso la roccia più ferma, non temere.
Nel viaggio che farai contano i saluti, ad ogni angolo, ogni bar le mani strette che vedrai, e gli occhi - soprattutto gli occhi - ti saranno guida.
Io per me ho già scelto un posto che non posso dire, da cui saprò sempre vederti. Ma ora vai, fai Rivoluzione - di tua repubblica gentile.
Il componimento terzo classificato, Istruzioni di Riccardo Olivieri, si distingue per compostezza formale, creatività e visione. Si tratta di un vademecum etico rivolto a un caro congiunto (probabilmente il figlio) che assume la funzione di poesia-testamento nel delicato e toccante tratto finale. Geniale e spiazzante l’incipit del testo “Comportati come una repubblica gentile” L’accostamento dell’aggettivo gentile alla cosa pubblica crea un’adiacenza inusuale tra l’individuo e la collettività.Le “Istruzioni” per un corretto comportamento (è nel sorriso/ la roccia più ferma…gli occhi - soprattutto gli occhi-_ti / saranno da guida) diventano la lucida analisi, celata nel limbo del non detto, di una società che ha perduto valori importanti come la gentilezza e l’autenticità. Seguire un percorso virtuoso diventa quindi un chiaro atto di coraggio (ma ora vai, fai/ Rivoluzione - di tua repubblica gentile). Se questa non è poesia civile, è senz’altro poesia della civiltà. E non a caso uso questo termine che ci rimanda etimologicamente alla cultura greca dove i valori morali erano tali solo se relazionati a un sentire comune. Che si abbia urgenza collettiva di gentilezza è un fatto ormai assodato; ma scriverlo in versi (senza un’ombra di retorica, con un linguaggio semplice, dinamico e diretto) è prerogativa del vero poeta, quale Riccardo Olivieri è.Alfredo Panetta
POESIE MENZIONATE
educarmi alla sobrietà del dolore
non voglio spettatori nel suo esercizio
la necessità di sbiadire le tinte disperate
addomestica l'urlo sospeso nel laccio Belisle
mi ingentilisce il pensiero del glicine
in corso Bramante era l'otto aprile
la fioritura mi scopriva i denti
avevo già le coordinate dello strappo
ingresso nove ore sette reparto San Francesco
il trolley quasi pronto il pigiama piegato
da comprare solo le salviettine antibatteriche
ancorarmi alla fragranza viola del qui e ora
a ogni diagnosi di dolore che ricevoRosanna Frattaruolo
L'ultimo straccio di luce
Quasi appisolato sul divano
le labbra inumidite con l'ultimo 'goto' di vino.
Davanti il foulard della sera avvolge la collina.
La vedo sorniona la prua della luna
in agguato per il cambio con il sole.
Poi ecco l'ultimo straccio di luce
randagio e vagabondo.
Lo vedo scendere
sgattaiolare e abbracciare uno spicchio di vento
assieme sfiorare i tetti amaranto.
Lo vedo lì sul balcone
pitturare con un baffo di rosa il mio tramonto.
Un taglio di luce
che entra
mi accarezza le guance
mi sfiora le palpebre
mi appisola gli occhi
acquarella il mio tramonto.
Randagio è arrivato
anche se lo aspettavo in un altro momento
questo soffio di vento.Giancarlo Guani
Estetica di fine inverno
Nel respiro già nuovo del tiglio spoglio
quattro sparute foglie secche, brutti
cartocci esposti dall'anno passato,
danno fastidio. Tanto che vorresti
strapparle brutalmente con le mani
della tua visione definitiva.
Solo che non sapresti arrampicarti.
E loro dondolano, dondolano
(stupida beffa), echi d'ogni brezza
e di ogni gioco di luce riflesso,
come se fossero vive, come mosse
da verde nostalgia di fruscii.
Ballano l'epilogo che s'allunga
superfluo, epico, vittorioso canto
sull'inverno del nulla ordinario,
sul tuo improvvido, corto parere.
A quale imprescindibile codice
redatto con lettere maiuscole
si attengono le loro rarefatte
fibre e le nervature coriacee?
Lo stesso per il quale il grande tiglio
erige il solido tronco e sviluppa
la città dei rami neri fino
all'estrema loro periferia.
E via via che vi si posa e passa,
tutto è ritenuto fatto essenziale:
i bianchi petti di tre gazze inquiete,
quanto il rame dorato del tramonto.
Ecco: una foglia è lasciata cadere
muta, nel sottofondo dei motori,
aprendo in alto, fra duemila fitte
viuzze, un'altra celletta di cielo.
Allora il tuo insufficiente sapere
si arrende al vero enigma della vita.Agnese Simonetto
Lettera dal paese d'origine
Prima vogliamo giungere al più alto grado di consapevolezza,
poi accogliamo con indulgenza l'inconsapevolezza.
Czeslaw Milosz, Il cagnolino lungo la stradaLa splendida, affascinante unità del poema
vederla da qui, da questo albergo nella sera
per viaggiatori di ritorno. Pare che tutto somigli
a una sola lunghissima poesia, che lungo
un lungo viale s'è fermata tante e tante volte,
con le persone, a parlare, negl'incavi dei palazzi
al caffè “Dei tigli”, in primavera, a riposare
l'inverno, a ricominciare. Che giunge alla fine,
spinta dall'andare, ma attenzione: non è
nella fine che bisogna cercare. Guardo me
(ma solo ad esempio), e non c'è dubbio:
io, io sono da condurre all'inferno. Ma
il ragazzo che sono stato, che amava Lily,
steso su quel prato, che da questa finestra
non riesco a vedere? Lui merita il paradiso,
siamo d'accordo, è vero? Come diavolo darà dio
a scegliere, quando davanti a tutti sarà
chiamato a decidere? E suonano le campane
solite dal campanile scrostato – questo no,
non è cambiato – e tu, paese, non hai risposte
da dare, e io non so neppure più se e cosa
voglio domandare. La piazza, la vita, vecchi,
bambini, un gatto, fantasmi che allegri
salutano dagli abbaini. Fa ridere, quasi
fa trasognare: nessuno quaggiù sembra
minimamente intenzionato a lasciare.Valentino Ronchi
Nel gioco di agosto
eravamo parole in fila
in attesa di comprensione
fino a diventare pesci
con casa dietro gli scogli
nella sequenza di sguardi
che protegge la spiaggia dalle mareggiate
e così dimentica
quel profumo di corallo e glicine
misurando l'attesa dal prossimo temporale
quando il vento ci porterà via.Roberto Casati
Sa drommischida de sos marineros
[lingua sarda logudorese]
Tia mea abitat sa drommischida de sos marineros
intuit su momentu in su cale
dae sos primmones si altziat unu bentu lenu
a iscavare unu bòidu
tra sas curtzas boghales de sas nottes
e artziat lentamente sa marea de sas cobertas
finzas a raspare cudd'incalchinu d'apnea
chi leat allampiare s'insonniu.
Assora sos poddighes s'infundent de sale
e sas laras màndigu pro peraulas chentza pius boghe
disordinade comente arcipelagos dae unire
cun unu silentziu suttile de pena e lapis.
Stefano BaldinuIl dormiveglia dei marinai
Mia zia dimora il dormiveglia dei marinai,
intuisce il momento in cui
dai polmoni si alza un vento flebile
a scavare un vuoto
fra le vocali brevi delle notti
e sale lentamente la marea delle coperte
fino a raspare quell'intonaco d'apnea
che lascia intravedere l'insonnia.
Allora le dita si intingono di sale
e le labbra cibo per parole senza più voce
disordinate come arcipelaghi da unire
con un silenzio sottile di pena e grafite.
Sèrti giórni a te sómèio
-Delta-
Sèrti giórni a te sómèio: la nèbia int'i pensieri,
èl cuore masarì, brónba de sale e de dólse,
intrubià int'un giavàsco de driti e de rovèssi
proprio come ca tiè ti: campagna, àqua, verde,
paltàn, sàbia e paradèi, dune e isole fimere,
sèco ca brùsa èl dómàn, móio ca mùfa anca i sogni.
Darèsto sa vòio catàrme, mi a vègno a catàrte
lì, intè'l tò silensio che cofà la me testa
anca lu no 'l tàse mai. E spipolando de fóie
e de càne ca fis-cia, có le note del cuco,
él ciciolare di osèi e le barcarole del Po,
ti i me grili a te tasi e te me chièti i pensieri.
In chi giórni a me strùco al giandàro ruspióso
a sàlada ale só raìse a 'solo via, dessóra,
finalmente lesiéra cofä 'na graséta,
a córerghe drio àle ale d' la vòia de 'ndare più inà.
Per rivàre po' indóve? Non so, me scànpa de màn,
proprio cofà le to isole che sèrte volte non ghé.
Maria Rosaria FonsoCerti giorni ti assomiglio
-Delta-
Certi giorni ti assomiglio: la nebbia nei pensieri,
il cuore macero; madida di sale e di dolce;
confusa in un groviglio
di diritti e rovesci
proprio come sei tu: campagna, acqua, verde,
fango, sabbia e paradeli,
dune e isole effimiere,
siccità che brucia il domani, umido che ammuffisce anche i sogni.
Eppure se voglio ritrovarmi, io vengo a trovarti,
lì, nel tuo silenzio che come la mia testa
anche lui non sta mai zitto. E sussurrando di foglie
e di canne che sibilano, con le note del cuculo,
il cinguettare degli uccelli e le barcarole del Po,
tu taciti i miei grilli
e mi rassereni i pensieri.
In quei giorni mi stringo alla quercia ruvida
e assicurata alle sue radici volo via, sopra,
finalmente leggera come una garzetta,
a rincorrere le ali del desiderio di andare oltre.
Per arrivare poi dove? Non so, mi sfugge dalle mani,
proprio come le tue isole che certe volte non ci sono.
Potevamo fingerci maestri, alitare
sui discenti, ingrassare bene i curricula
dell'esistenza
potevamo scegliere di militare
lanciare gli alalà graffiti sugli scudi
sferragliare notte e giorno per l'onore,
per la gloria, un segnacolo di nobiltà
e ce ne stiamo qui, lupi di trincea
a respirare polvere e oblio
immaginare il volto del nemico
anche quando le dure cuoia ha tirato da tempo
una carogna in più da raccontare
e c'è un deserto sulla soglia da varcare una forma della memoria prossima a svanire
una nebbia indistinta che preda,
che non ha predatori
le sfumature di grigio di ciò che ha smesso
di riverberare
e c'è acre c'è ossido che si promette bene
una linfa di ritorno alterata trasla
sotterra gli zuccheri densi,
costruiti per istinto di sopravvivenza
della stessa sostanza del sudore
nelle vene s'incunea svuotate l'inverno
le dimensioni sommette a mani basse
- il tempo, lo spazio, ogni grado di libertà
disponibile per il movimento -
smagra i bulbi, sgrana le ossa
prende il posto di qualsiasi stagione diversa da luiLaura Costantini
Semafori
Chissà come fanno i semafori
A sostenere il peso
Di dover fermare
In un punto nello spazio,
Un istante nel tempo,
Le vite di migliaia di uomini
Che aspettano il verde per attraversare.
E se un giorno un semaforo decidesse
Di rimanere rosso per sempre
Per sempre fisso sulla propria disapprovazione,
Allora il tempo cesserebbe di esistere
E con esso i passi che rendono tale
La ruvida corsa dell'uomo.
E solo allora
Solo allora forse capiremmo
Che non c'è alcun senso da trovare
Azione da giustificare
Nessuna Storia da scrivere.
Ci sentiremmo liberi
Sul ciglio della strada
Senza alcun bisogno di attraversare.Leonardo Peveri
Ti incontro nel tornante a mezza costa
Ti incontro nel tornante a mezza costa
dove ci siamo lasciati nei venti
opposti: ora io scendo e tu sosti
forse dormi, o sogni i tuoi defunti
occhi allo zenit mani sugli arbusti
(sai che il sogno – ti dico o forse solo penso -
è un caso speciale di realtà
appena un po' più umida e incurvata
un sorso che ristagna nella gola...)
Io sosterò e tu andrai. Mentre tutto
si crea e tutto, tutto si distrugge
o forse solo fugge in un altrove
capovolto, dove la fine è inizio
e le piogge salgono verso il cielo
ma queste gocce cosa sono, e i loro suoni?
Purezza, purezza, sembra raccòntino
(un taglio nelle carni è il loro opposto)
I merli e le poiane forse sanno:
misteriosa, intraducibile attesa.Giancarlo Guani